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La nuova Monaco della fratellanza

Autore: Federico Scotti

Data: 23/03/2025

La nuova Monaco della fratellanza
Visitando Monaco di Baviera, è un’esperienza assai consigliata trascorrere un pomeriggio all’aria aperta, immersi nel verde e nella tranquillità quasi idilliaca dell’Olympiapark. Lì, nell’estate del 1972, si svolse la XX edizione delle Olimpiadi moderne. Un evento unico e rivoluzionario per le innovazioni apportatevi.  

In primis, venne costruito da zero il villaggio olimpico, riqualificando una zona boschiva volta a ospitare un grande parco pubblico e delle strutture completamente nuove, adibite a ciascuna delle disciplini sportive, con l’idea di generare un effetto ottico nello spazio: ogni edificio, infatti, è stato progettato affinché non emerga al di sopra degli alberi, ma si sviluppi all’ombra di collinette e arbusti. Così pensato, il villaggio olimpico non sovrasta la natura, bensì è solo questa ciò che una persona, guardando nella direzione del parco, riesce a scorgere. Voleva essere il trionfo dell’unione tra l’uomo, con i suoi artifici, e la realtà; egli non deve imporsi, ma può convivere armoniosamente con essa.  

Ancora, novità assoluta dei giochi di Monaco fu la costruzione di una torre delle telecomunicazioni, che permise la proiezione delle gare su ben trentasei canali diversi, raggiungendo un enorme traguardo verso l’interconnessione globale.  

Ma la vera, grande rivoluzione è stata la filosofia che ha guidato l’intero progetto. L’edificazione di un parco aperto a tutti, dove fosse possibile ad atleti e passanti incontrarsi e parlare, dove fosse garantita la connessione con tantissimi paesi e la trasmissione delle gare a milioni di persone. In poche, semplici parole: il valore della fratellanza.  

Un grandissimo modello di umanità per rilanciare un sistema di valori antitetico al passato. Alla Monaco di Hitler, dove il Fuhrer diede inizio alla Notte dei Cristalli, si contrappone una nuova città all’insegna dell’inclusione, dell’amicizia e della fiducia; all’Europa delle Grandi Guerre di pochi anni prima, una nuova Europa di pace.
L’olimpiade come occasione di fratellanza, come paciere delle discordie, come spazio in cui coltivare un futuro migliore è una sfida mastodontica, fin da quando, nel 1896, ad Atene, si tenne la prima edizione dei Giochi moderni grazie alla tenacia di Pierre De Coubertin. Egli auspicava proprio che ciò potesse accadere, che attraverso lo sport si riuscisse a realizzare il tempo della pace.
Purtroppo, fin dagli albori, questo non si è avverato: i conflitti della prima metà del Novecento e l’attentato terroristico contro la squadra sportiva israeliana proprio durante l’edizione olimpica del ‘72, finito in tragedia, hanno macchiato profondamente i valori innalzanti dal fondatore, annichilendo la possibilità di fratellanza e convivenza globale pacifica. Nei successivi decenni la situazione non è migliorata. Troppo spesso, giochi politici hanno prevalso sull’armonia che lo sport può dare: all’accensione della fiamma olimpica, gli scontri tra paesi non cessano, ma invadono i palazzetti e i campi da gioco; al termine delle gare le guerre continuano immutate.  

Ma, questa idea di fratellanza tanto cercata dalla città bavarese - che non dovrebbe mai essere dimenticata, sminuita o sostituita - troverà mai la sua concretizzazione? Si riuscirà mai a trasformare il mondo in un luogo di amore e non di odio? Sicuramente dobbiamo partire da un punto: smettere di considerarci gli uni e gli altri degli ostacoli ai propri interessi o ritenerci superiori a chiunque, ma guardare a ciascuno come a un fratello da aiutare e al quale poter chiedere aiuto.

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