Trump e l'università
Autore:Pietro Rea
Data: 28/08/2025

Leggendo la Storia si imparano delle cose molto chiare, una tra queste è che la scuola (a partire da un certo punto in poi) è l’ultima frontiera contro i regimi totalitari.
Mao Zetung, avviando la cosiddetta “rivoluzione culturale”, sterminerà una serie di insegnanti per poter diffondere senza possibili opposizioni la dottrina comunista.
Hitler permetterà di studiare solo agli elementi di razza ariana, così da poter indirizzarli nel modo migliore possibile.
Nell’attuale regime della Corea del Nord è prevista un’ora al giorno dove tutti gli studenti criticano a vicenda la loro devozione verso i Kim.
Quando un regime possiede la scuola possiede il popolo, perché l’istruzione (quando viene fatta decentemente) fornisce gli elementi necessari per imparare a pensare e giudicare con chiave critica.
Con questo incipit non sto assolutamente giudicando Trump come un dittatore, né gli Stati Uniti come una dittatura, bisogna però guardare in faccia alcuni elementi degni di nota che segnano gli ultimi mesi del suo governo.
È un fatto poco noto che Trump, nel tentativo di frenare le correnti progressiste, ha ripulito tutti i database scientifici degli Stati Uniti da alcune parole chiave, come per esempio “at risk” “a rischio”, “bias” “pregiudizio”, “black” “nero”, “climate crisis” “crisi climatica”, e ancora, “health equality” “uguaglianza sanitaria”, “political” “politico”, “pullotion” “inquinamento”.
In primis, i database di cui sto parlando sono un punto di incontro globale, dove convergono e cercano un gran numero di scienziati da tutto il mondo, e alcune parole tra quelle che ho inserito (che sono una minima parte) costituiscono delle parole chiave di riferimento.
Immaginiamo che vogliamo cercare un articolo su una specie a rischio, allora andiamo su Google e cerchiamo “specie a rischio” e questo non trova risultati.
(Considerando il fatto che a cercare su questo "Google" ci sono dei ricercatori di interesse mondiale)
Inoltre, ripulire articoli e articoli da questi termini non solo significa non trovare più nessun articolo, ma significa anche avere delle pubblicazioni totalmente denaturate.
Se ho scritto un documento sull’inquinamento, possiamo definirlo perso per sempre.
Oltre a questa mossa, frutto di un acutissimo ingegno e di una intelligenza fuori dal comune, Trump ha attaccato duramente le università.
In principio gli attacchi consistevano in “argomenti di cui si può parlare o meno”, sostanzialmente inviava dei documenti dove proibiva di parlare di certi argomenti, pena il taglio dei fondi federali (che costituiscono circa l’11% dei fondi che riceve l’Università di Harvard, per avere una idea).
Un articolo (di cui però non mi fido completely) diceva che le università ricevettero l’ordine di non insegnare Dostoevskij, poiché parte integrante della cultura russa.
Poi si è addirittura parlato di non permettere l’iscrizione agli studenti stranieri, questa volta promettendo di imporre delle pesanti tasse governative sulle università, dalle quali sono ovviamente esenti.
Questo si è verificato a causa delle manifestazioni pro-palestina che nascevano in quel periodo.
La cosa più tragica è che prima della dura risposta dell’università di Harvard (il non plus ultra delle università private americane) molte università si sono piegate a queste imposizioni federali, e probabilmente senza un centro particolarmente importante in opposizione nessuna sarebbe sopravvissuta.
Fortunatamente non è cambiato molto nelle istituzioni scolastiche di fascia inferiore, che io sappia, tuttavia è anche da considerarsi il fatto che negli ultimi anni la pubblica istruzione statunitense è entrata in una fase di crisi considerevole.
Cosa ci portiamo a casa da questo articolo?
L’istruzione, seppur con i suoi enormi difetti, rappresenta l’unica cosa che può rendere un uomo in grado di pensare, dunque libero.
È meravigliosa l’esperienza che faccio studiando filosofia o storia, quando capisco perché penso qualcosa, da che cosa nasce quel pensiero, da dove viene quel modo di vedere una certa cosa e allora, solo allora, sono in grado di pensare veramente.
Dunque è vero che non servirebbe a nulla chiamare Trump e dirgliene quattro, mandargli il mio articolo o fare una manifestazione, ma posso scoprire il valore di quello che so, di quello che so di pensare, di quello che mi permette di ragionare, ed è forse più fondamentale.
La risposta a questo genocidio culturale (e altrimenti non saprei chiamarlo) è informarsi, cercare di capire, studiare.
Altro modo non c’è.
Puntualizzo solamente che studiare non significa leggere e sottolineare, quello è un metodo di studio, ma propriamente parlando lo studio è la ricerca appassionata delle conoscenza totale di qualcosa.
Quindi adesso termino il mio articolo e il mio pensiero, lasciando a te lettore la possibilità e il dovere di cercare di capire qualcosa (che possa anche essere il luogo da dove viene il pollo dell’Esselunga, per l’amor del cielo).
Perché solo in questo modo sperimentiamo la vera Libertà, perché solo la Verità (il volto nascosto che la ricerca vuole svelare) rende Liberi.