Summus Pontifex
Autore:Pietro Rea
Data: 28/08/2025

A chiunque è sopraggiunta la notizia della morte di Papa Francesco.
A me personalmente è arrivata prima in forma di messaggio, poi sono arrivati tutti gli articoli di giornale, ne hanno parlato gli amici, i social, online… anche mettendosi una benda sugli occhi e dei tappi nelle orecchie si sentirebbe parlare del defunto Papa.
Mi colpì però, in particolar modo, la cronaca estera in risposta a questo avvenimento storico.Per la prima volta dopo moltissimi anni americani, ucraini e russi dimostrano il loro cordoglio per un’unica persona e si ritroveranno insieme a San Pietro a darne “l’estremo saluto”.
Che sia per immagine o per affezione personale poco importa: il risultato è equiparabile a un miracolo.Mi colpirono anche le testate giornalistiche italiane che esprimevano unanimemente un risentimento per la morte del Papa.
Ad un certo punto ero quasi tentato di comprare l’Unità, il celebre giornale fondato da Antonio Gramsci (fondatore del partito comunista italiano ndr), che dedicava le prime sei pagine al Grande Vicario.Da un giornale di stampo comunista ci si può aspettare una serie di denunce, di obiezioni, invece, inaspettatamente, erano tutte parole di elogio nei confronti del suo operato.
Arrivarono notizie di cordoglio persino dalla Cina, giorni di lutto nazionale in tutto il mondo (primo paese a dichiararlo l’Argentina ndr).Persino Hamas, l’organizzazione radicale islamica che diede il via a quel 7 ottobre, ha inviato nel Vaticano dei messaggi di condoglianza.
L’unico paese che non inviò alcun segnale è stato Israele, che, al contrario, eliminò tutti i messaggi inviati dai rappresentati del governo a ricordo di Francesco, prendendo atto che tutti i rabbini principali di tutte le comunità ebraiche più importanti del mondo si sono fatti vicini alla Chiesa Cattolica.
Ma tralasciando l’ultima parte, che cosa dobbiamo portarci a casa?
Papa Francesco è stato senza dubbio rivoluzionario, a partire banalmente dal nome: un gesuita (che segue quindi il carisma di Sant’Ignazio da Loyola) che si fa chiamare Francesco, seguendo l’esempio, quindi, di una tradizione francescana, più attenta ai deboli e ai fragili.
Un Papa che si è sempre messo in mezzo alle vicende mondiali, che ha sempre cercato di dialogare con chiunque.
Forse il titolo “Pontefice Massimo” è proprio calzante per il suo personaggio: il pontefice era infatti la carica politica a Roma che “costruiva i ponti”, non nel senso letterale del termine, ma costruiva un ponte tra il cielo e la terra, era infatti il capo religioso dello stato, era il Sommo Sacerdote.
Oltre a costituire un ponte tra la terra e il cielo, Francesco è stato un ponte tra le due sponde, tra Russia e America, tra Israele e Hamas, a dimostrazione di questo abbiamo il numero elevato di risentimenti formali nei confronti della sua morte, e dall’assoluta diversità degli enti dal quale sono stati comunicati.
In conclusione vorrei citare un piccolo aneddoto: quando a Yalta si trovarono i Tre Grandi nel 1945 a decidere le sorti del mondo, Papa Pio XII inviò a Roosvelt, Stalin e Churchill delle richieste sul futuro assetto del mondo, e Stalin, per ribadire la sua superiorità, disse questa celebre frase: “Il Papa? Quante divisioni ha?”, come a dire “Il Papa? Con quale potere?”.
Francesco ha risposto a Stalin con il suo operato: il potere del Pontefice non sta nell’esercito ma nella capacità di cercare un dialogo sincero con le due parti contrapposte.