Robertus Franciscus Prevost
Autore:Federico Scotti
Data: 28/08/2025

Fumata bianca!
Giovedì 8 maggio, alle 18:08, l’intero mondo ha rivolto lo sguardo al piccolo comignolo, appositamente realizzato per il conclave, sul tetto della Cappella Sistina. Per circa un’ora, un’ansia febbrile dominava piazza San Pietro fino a quando le portefinestre della Loggia delle Benedizioni si sono aperte e il nome del 267° papa è stato annunciato al mondo: «Robertus Franciscus Prevost», Leone XIV.
Un nome importante, carico di significato storico per la Chiesa. Con il suo stesso nome ben cinque papi venerati come santi (un numero notevole, sul totale di 81 papi canonizzati), tra i quali emerge san Leone I Magno (440-461), 45° successore di Pietro, ricordato dalla storia, oltre che per aver fermato l’avanzata di Attila, per l’importantissima opera di riforma dell’organizzazione della Chiesa e delle modalità di elezione dei vescovi. Altrettanto importante, seppur non santo, è Leone XIII (1878-1903), il padre dell’Enciclica Rerum Novarum, con cui fondò la dottrina sociale della Chiesa e prese posizione nelle questioni sociali del tempo, determinando una linea di condotta anche per la Chiesa futura.
Leone XIV è il primo papa di origine americana. Nato il 14 settembre 1955 a Chicago, da una famiglia di discendenza multietnica: francese e italiana da parte del padre, Louis Marius Prevost, e spagnola da parte della madre, Mildred Martínez. Compie numerosi studi, ottenendo due lauree, una in matematica e un’altra in filosofia. Nel 1977, entra nel noviziato dell’Ordine di Sant’Agostino, a Saint Louis. Ottiene un diploma in teologia e studia Diritto canonico a Roma. Lì, il 19 giugno 1982, viene ordinato sacerdote. In parallelo ad altri studi, inizia la sua esperienza missionaria in Perù, presso la missione di Trujillo, continuata fino al 1998, durante la quale ricopre molti importanti incarichi. Nel 2001 è eletto priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino, carica che gli verrà riconfermata nel 2007. Papa Francesco, dopo averlo conosciuto durante un suo viaggio apostolico, lo nomina, il 3 novembre 2014, amministratore apostolico della diocesi peruviana di Chiclayo e contemporaneamente vescovo titolare di Sufar; Prevost viene ordinato vescovo il 12 dicembre dello stesso anno. Nel 2015, Francesco lo nomina vescovo di Chiclayo, quattro anni più tardi lo sceglie come membro della Congregazione per il Clero e, nel 2020, per i Vescovi. Il 30 gennaio 2023, è nominato prefetto del Dicastero per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per il Sud America e promosso ad arcivescovo. L’investitura a cardinale avviene il 30 settembre.
Si è presentato al mondo con una frase evangelica che racchiude il primario bisogno della nostra contemporaneità: «La pace sia con voi!». Il suo discorso è stato, innanzitutto, un potente messaggio di pace (la parola ritorna nove volte) «disarmata e disarmante» e di unità: «una Chiesa unita», «un solo popolo che cammina insieme», sottolineando l’obiettivo del suo pontificato, un lavoro di unione tra i popoli e di mediazione tra le diverse anime della Chiesa. Un pontificato in continuità con quello del suo predecessore: il ricordo e il ringraziamento a Francesco è molto vivo, come la volontà a realizzare una «Chiesa missionaria, che costruisce ponti, dialogo», aperta e sempre pronta ad accogliere e una «Chiesa che cerca sempre la pace, la carità» e cerca di essere vicina ai poveri, ai malati e ai sofferenti.
Del conclave sarà difficilissimo conoscere anche solo una parte dei discorsi tenuti, delle strategie effettuate e, soprattutto, dei pensieri avuti dai cardinali mentre scrivevano su un piccolo pezzo di carta bianca il futuro della Chiesa. Per di più, il rischio è quello di leggere l’evento come un “elezione politica” in cui i voti vengono barattati e scambiati.
Certamente la sua nomina è stata una sorpresa (non era infatti tra i favoriti) e molti opinionisti si prodigano in tentativi (magari anche corretti) di ricostruire i calcoli delle menti dei porporati. Tuttavia, la personalità del nuovo pontefice, sembra la scelta più logica che si potesse compiere: amico di Bergoglio molto vicino alle sue posizioni, ma allo stesso tempo non un progressista radicale per poter da una parte unire i cardinali anche quelli più tradizionalisti e dall’altra non cancellare i grandi successi di Francesco nell’avvicinamento di molte persone alla fede cattolica; una persona mite ma salda nelle sue posizioni; anche la sua origine americana può essere un vantaggio, nel disegno di unità della Chiesa d’Oriente e Occidente e soprattutto per impedire una frattura nella chiesa Americana (Leone XIV rimane, comunque, un fermo oppositore delle politiche trumpiane, che non ha risparmiato critiche alle politiche migratorie e ad alcune uscite dell’amministrazione Trump su arbitrarie interpretazioni del messaggio evangelico). Perciò ci sono motivi che facciano supporre una scelta eseguita tenendo in considerazione le esigenze attuali della Chiesa e del mondo.
Però, l’elezione di un papa non è solo condizionata da ragionamenti di calcolo. Desidero esprimere una provocazione, ma che in fondo è una riflessione personale: forse la scelta non è stata – solo – razionale, ma – anche – ispirata; sostenuta dall’azione dello Spirito Santo, che molti Cardinali hanno frequentemente invocato prima dell’inizio del Conclave. L’essere stata una scelta abbastanza inattesa rispetto alle ragionevoli possibilità che erano state previste, eppure risultare comunque ottima, è davvero tutto frutto soltanto delle capacità umane? Naturalmente, questo è un principio di fede, a cui credere o no, però non significa non porsi la domanda a priori.
A Leone XIV, aspetta un pontificato molto complesso, per la grave crisi politica, economica, sociale, umana del mondo. Ma forse il suo incarico è reso ancora più complicato dalle aspettative (e anche dai pregiudizi) dovute dall’essere il successore di Francesco. Tantissimi giornalisti e gli stessi fedeli si sono lasciati andare a paragoni e ipotesi su quello che farà. La maggior parte delle persone desiderava fortemente un continuatore del solco tracciato da Bergoglio, e dal primo messaggio del nuovo pontefice sembra che così sarà. Ma questa vicinanza ideologica tra i due papi non implica che Prevost sarà uguale al suo predecessore; sempre dal medesimo discorso, emerge una posizione più moderata e la sua istruzione denota una maggiore attenzione verso la componente organizzativa del mondo ecclesiastico. D’altronde, lui non è Francesco né ha scelto il nome di Francesco II; lui è Leone XIV.
Il suo incarico è appena cominciato, lasciamogli il tempo giusto per mettere a frutto le capacità che possiede, pronti a non scandalizzarci o urlare al “ritorno dei secoli bui” se non tutto sarà come ci aspettiamo.