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Libertà di pensiero

Autore:Federico Scotti

Data: 26 novembre 2025

Libertà di pensiero

La scorsa settimana si è molto discusso riguardo alle parole del consigliere del Quirinale Francesco Saverio Garofani, pronunciate durante una cena con amici in un ristorante, ossia al di fuori di qualunque contesto e ruolo istituzionale e ufficiale. 
Egli avrebbe espresso la sua posizione politica, lamentandosi per il governo in carica e auspicando che alle prossime elezioni nazionali il centro sinistra (o campo largo) possa riuscire a battere la Destra, un obiettivo che secondo lui è raggiungibile innanzitutto attraverso un nuovo/a segretario/a del Partito Democratico.

Le sue affermazioni sono state carpite e pubblicate dal giornale La Verità in un articolo firmato da Ignazio Mangrano che nel titolo proclama: «Il piano del Quirinale per fermare Meloni».
Da questa evidente mistificazione dei fatti (o, secondo alcuni, una calcolata provocazione) è scaturito un acceso dibattito tra Palazzo Chigi e Quirinale, con il primo che accusava il secondo di lavorare nell’ombra per determinare il corso di future elezioni politiche, che sembrava destinato a causare un’immediata e irreparabile frattura.
Nel giro di quattro giorni, non se ne parla già più (tuttavia, se l’allarme è rientrato, rimane latente un clima di sospetto che potrebbe accendere nuovi focolari di scontro in futuro). 
In fondo ordinaria amministrazione.

Però, senza qui indagare le ragioni di una simile operazione, rimane la sorpresa per le conseguenze che delle dichiarazioni personali hanno generato. Soprattutto, perché erano il frutto di un’opinione personale, della propria posizione politica.
Viene da chiedersi fino a che punto un individuo può esercitare il proprio diritto alla libertà di pensiero e di espressione? È un valore universale, oppure ci sono delle condizioni specifiche limitanti?

Nella dichiarazione universale dei diritti umani, art. 2, si legge: «Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione».
Nella Costituzione italiana, art. 2, si afferma che: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». E ancora all’articolo 21: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
Da questi principi universali (almeno per gli Stati in cui sono vigenti, tra i quali l’Italia), traggo due conclusioni.

·      Garofani, poiché le proprie posizioni politiche erano in contrasto con alcuni gruppi parlamentari, è stato criticato e attaccato proprio da quest’ultimi. Ma egli, in quanto uomo e cittadino italiano, ha il diritto di esprimere liberamente ciò che meglio crede.

·      Tuttavia, in quanto rivestito di un ruolo chiave della nostra Repubblica, che necessita di imparzialità, si può obiettare che egli con il suo comportamento non debba mostrare alcuna preferenza o opposizione. Affinché questo dovere sia rispettato, è giusto pretendere che l’individuo – perché rimane comunque un uomo, per di più, in questo caso, un politico da diverso tempo – in qualche modo alieni del tutto dalla sua anima la componente politica? Oppure è più ragionevole pretendere che si comporti correttamente nei momenti istituzionali e accettare che quanto pensa o afferma in contesti privati e conviviali, dove egli ha il nostro stesso diritto di esprimersi liberamente, possa non farci piacere esattamente come ad altri non fa piacere la nostra opinione?

Concludo, riprendendo il primo dei due punti precedenti. L’affermazione, che è in concordanza con gli articoli costituzionali sopra riportati, garantisce davvero una libertà assoluta? 
Se da una parte legittima i diritti di uno in quanto persona, legittima anche quelli di ogni altro essere umano: la propria libertà termina dove inizia quella dell’altro. È una frase molto nota. Ha però una propria validità perché in una società egualitaria contano i diritti di ciascuno.
Quindi **le proprie idee non possono ferire, umiliare o mettere in pericolo nessuno **(che è una cosa ben diversa dal pungere l’ego di qualcuno, ma consta nel promuovere la predominanza di un gruppo di persone sulle altre ad esempio).

Dunque, la libertà di parola e di espressione è effettivamente limitata. Si può essere d’accordo o contrari. 
Da una parte è un bene perché proprio per questi limiti ciascuno di noi può pensare e parlare senza paura, avendo solamente l’accortezza di non pronunciare parole o idee che sicuramente non vorrebbe fossero rivolte a lui.
Dall’altra non è totale libertà, la quale, forse, in un mondo in cui il dibattito avviene in maniera seria e razionale, dove si ha la capacità di contestare intelligentemente e dove con onestà e umiltà si riconoscono i propri sbagli e non si inganna con la retorica per interesse personale, sarebbe anche preferibile.

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