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L’antifascismo che danneggia sé stesso

Autore:Federico Scotti

Data: 28/08/2025

L’antifascismo che danneggia sé stesso
Avevo in mente questo articolo da un po’ di tempo. Stavo aspettando di trovare la forma giusta; il modo più adeguato a esporre la mia idea senza cadere in incomprensioni; magari uno spunto con cui avvalorare la mia tesi. L’aiuto è giunto casualmente, da un’intervista ad Antonio Padellaro – fondatore, e ora editore, del Fatto Quotidiano – pubblicata dal Corriere della Sera (in data 30 aprile, N.d.A.) in occasione dell’uscita di un suo nuovo libro, Antifascisti immaginari.  Il saggio, scritto da chi, come si definisce lui stesso in una recente intervista, sempre per commentare la sua nuova pubblicazione, a L’aria che tira, è un «uomo libero, profondamente antifascista, che critica quelle espressioni che rischiano di consumare il valore stesso dell’antifascismo», è un’interessante riflessione sul valore dell’antifascismo oggi.  Padellaro distingue tra un antifascismo vero, ritrovabile in quegli atti eroici di uomini e donne che hanno lottato per garantire la libertà all’Italia e a causa dei quali molti di loro hanno perduto la vita, e un «antifascismo esibito» innalzato da quelli che, nel suo libro, sono chiamati “facce da Ventotene” che spendono parole ed energia per accusare continuamente il governo Meloni di essere fascista, attaccandolo su ogni minima notizia di una certa risonanza mediatica, spesso effettivamente assurda o equivoca, ma che non lo indebolisce: il busto di Mussolini in casa del presidente La Russa, il non essersi mai esplicitamente dichiarata antifascista da parte del presidente Meloni, la “sobrietà” invocata in occasione della Festa della Liberazione, e molte altre ancora. Queste notizie da spettacolo non sono di alcun aiuto perché «ripetere stereotipi […] non fa bene, se tutto è fascismo niente più è fascismo. La cultura del piagnisteo non convince neanche a sinistra, e non porta un voto contro Meloni». Anzi, questi attacchi della sinistra, che diventano sempre più luoghi comuni ripetitivi e poco efficaci, oltre a non danneggiare la destra e a non farle guadagnare voti o consenso, «vengono utilizzati [dal governo, N.d.A.] per distogliere l’attenzione dai problemi reali». Problemi che sono, come evidenzia Padellaro, l’aumentare di autoritarismi e nazionalismi nell’ultimo periodo e l’esistenza di gruppi fascisti, ma che – importantissimo – non «hanno nulla a che vedere con il fascismo del ventennio» (intervista a Padellaro a Piazzapulita, N.d.A.).  Tuttavia, io credo che questo modo di agire, che si manifesta anche in una vastissima serie di critiche futili espresse ancora una volta per fare spettacolo, venga altresì usato dalla sinistra stessa per nascondere una grave crisi che l’affligge: l’inesistenza di un piano politico a breve e a lungo termine, l’incapacità di costituire un’alleanza solida e ampia (il tanto millantato campo largo), il non possedere una strategia elettorale e governativa efficace.  Sono molto abili nell’opporsi a qualunque discorso, proposta o atto del governo, o persino di altri declamati alleati; ma nel definire sé stessi molto meno. In sintesi, con una perifrasi un po’ sentenziosa del loro comportamento: è ben chiaro chi sia il governo e che cosa voglia fare, ma è ignoto chi sia l’opposizione e, soprattutto, che cosa voglia fare.

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