Intelligenza artificiale
Autori:Federico Scotti,Daniele Grassi
Data: 28/08/2025

Nei giorni scorsi sono stato interpellato da un amico riguardo alla mia visione sull’intelligenza artificiale. Da ciò è sbocciato un dialogo, anche con altri conoscenti, in cui sono stati esposti vari e interessanti punti di vista, che riporto di seguito.
Innanzitutto, bisogna considerare fino a che punto essa possa essere definita intelligente. Si tratta sostanzialmente di un algoritmo che può essere istruito. Viene dato un’imput (cioè la richiesta che poniamo all’AI -Artificial Intelligence) e il sistema ci risponde valutando statisticamente, sulla base del modo tramite cui è stato addestrato, le parole che con maggiore probabilità seguiranno correttamente l’imput di partenza. In parole semplici, l’addestramento è da concepire come i primi anni di un bambino durante i quali impara, dopo alcuni tentativi, ad associare i nomi agli oggetti. Ad esempio, alla domanda «di che colore è la casa?» potrebbe rispondere sempre «blu», se è allenato che statisticamente essa è l’opzione più ricorrete. L’AI appare intelligente perché non restituisce sempre lo stesso risultato a partire da uno stesso imput; però, questa variabilità non dipende da una comprensione autentica, ma da procedimenti statistici.
C’è un’altra precisazione necessaria, utile per scongiurare un frequente luogo comune: non possiamo paragonare l’intelligenza artificiale a quella umana e al cervello dell’uomo perché non sappiamo come quest’ultimo sia fatto realmente né come funzioni. Per quanto ne siamo a conoscenza, potrebbe funzionare anch’esso secondo un algoritmo.
Ma qual è l’impatto dell’intelligenza artificiale nel concreto nella nostra società? Quali sono gli aspetti positivi? Esistono anche dei lati negativi?
L’ambiente lavorativo è ovviamente il settore che è maggiormente influenzato. Distinguendo tra due macrocategorie, da una parte le attività mediche e informatiche (e settori simili), dall’altra i lavori meccanici. Per il primo gruppo i vantaggi sono significativi: l’ottimizzazione dei tempi di lavoro è notevolissima. Tuttavia – almeno ad oggi – non può sostituire l’uomo, le sue capacità e il suo intuito, proprio perché è solo un algoritmo. Per il secondo gruppo, specie per le attività più faticose e pericolose, la diminuzione della fatica fisica e dei tempi di lavorazione sicuramente è un beneficio, però potrebbe esistere un rischio: sostituendo con apparecchi meccanici o lavoratori robotici compiti oggi appannaggio dell’uomo non è così impensabile il verificarsi di una crisi di disoccupazione. Chi di dovere, pensa a una soluzione per prevenire? Oppure il guadagno oscura le necessità delle persone e giustifica l’assenza di misure in tutela dei loro diritti?
Altrettanto impattante è l’influenza dell’AI nella società, soprattutto tra i giovani. Anche qui le intelligenze artificiali permettono di facilitare le ricerche in internet e ottenere informazioni in modo veloce, con la dovuta accortezza che non sono esenti dalla possibilità di sbagliare, motivo per cui è sempre bene prestare attenzione ai dati che riceviamo e se possibile verificarli; tuttavia, è vero che la percentuale d’errore si sta riducendo sempre più, specialmente nell’ultimo anno. Ma il rischio più grave che l’uso massiccio e sconsiderato di esse potrebbe causare nelle attività di tutti i giorni è l’indebolimento del nostro pensiero e la perdita di capacità razionali. Se l’ottenere dall’AI delle informazioni presenti in internet, che comunque dovremmo cercare sul web singolarmente, per risparmiare tempo è innocuo, il delegare ad altri – in questo caso a un algoritmo – la fatica di pensare ci espone all’incapacità di utilizzare con efficacia la nostra ragione (senza dimenticare che chi ha progettato i sistemi di intelligenza artificiale dispone di un lungo periodo di studio e un profondissimo allenamento della logica e del sapere).
Come già detto, chi usa di più l’AI sono i giovani e, purtroppo, un esempio lampante di uso erroneo di questi strumenti digitali è la scuola. Viene assegnato un compito da fare a casa (la situazione più ricorrente sono produzioni scritte, come riassunti o elaborati) e lo studente, per svogliatezza e pigrizia, in una manciata di minuti pone la consegna dell’esercizio all’intelligenza artificiale che in pochi secondi gli produce un testo quasi sicuramente ben fatto (ogni mese i sistemi di AI sono sempre più sofisticati). Perciò, lo studente, per risparmiare del tempo e non compiere fatica, rinuncia alla possibilità di apprendere; in questo esempio, rinuncia al faticoso allenamento, ma necessario, per imparare a scrivere e a pensare in maniera critica e logica. Inoltre, se non a scuola, quando avrà occasione più avanti nella sua vita di predisporre la mente alle sfide del mondo?
Non sarebbe forse doveroso occuparsi di questo gravissimo rischio con misure per limitare l’accesso a chi potrebbe abusarne e, parallelamente, istruire a dovere insegnanti e studenti sulle potenzialità e sulle pericolosità dell’intelligenza artificiale?
Nel futuro chissà come si evolverà l’AI, chissà cosa diventerà. È una domanda difficile a cui rispondere, forse impossibile. Sicuramente è una tecnologia in rapidissima innovazione. Ad oggi è l’uomo che decide come utilizzarla: se per scopi eticamente corretti oppure no. Infatti, essa ha in potenza le capacità per compiere azioni dannose e non accettabili, ma l’attualizzazione di questa facoltà dipende esclusivamente dall’uso che l’uomo sceglie di fare. Potrebbe forse cambiare in futuro? Si pensa che sia difficile, perché rimane pur sempre un algoritmo. Però, forse, non è del tutto illecito paventare scenari drastici in cui il controllo sulle intelligenze artificiali e sui robot venga meno, un mondo apocalittico che ricordi quello raccontato nei libri di fantascienza o in Matrix. È un’ipotesi assurda, ma queste storie non sono state create dalla mente umana esattamente come l’intelligenza artificiale?