Il diritto di non astenersi
Autore:Federico Scotti
Data: 28/08/2025

Negli ultimi decenni, la partecipazione politica è calata sempre più. I dati sull’astensionismo alle votazioni sono un richiamo costante e inequivocabile alla realtà. Facendo solo pochi esempi: nel 1992 gli astenuti erano il 12,65%, mentre nelle elezioni politiche del 2018 la percentuale era salita a più del 27%; nelle recenti elezioni governative del 2022 la percentuale degli aventi diritto recatisi alle urne era ulteriormente calata: 63,7%; infine, nelle ultime elezioni europee il dato dei votanti è stato del 49,69% (dati ricavati dai seguenti siti: Ministero dell’Interno; articolo di Michela Gabanelli e Simona Ravizza pubblicato sul Corriere in data 12 settembre 2022; pagellapolitica.it).
Evidentemente negli ultimi trent’anni qualcosa è cambiato. Le cause sono molteplici e forse mai abbastanza oggettive per essere comprese e descritte interamente. Possono essere divise tra cause “involontarie” o di forza maggiore (problemi di salute, insufficiente comprensione di cosa e come votare, ecc.) oppure “volontarie”, che sono le più gravi ma maggiormente degne di riflessioni.
Per prima si registra una diffusissima scontentezza, sfiducia, mancanza di credibilità in un rinnovamento e un futuro diverso (che è causa del disinteresse e del non informarsi); un profondo sentimento di inadeguatezza dell’intero mondo istituzionale («tutti i politici sono uguali»); ma, anche, emerge l’astensionismo come scelta politica per manifestare la propria opposizione, una posizione assunta e pubblicizzata anche dai governanti stessi. I più recenti, il presidente del Senato La Russa e diversi altri ministri che hanno saldamente sostenuto come scelta giusta e positiva, come un «diritto», non andare a votare al prossimo referendum dell’8-9 giugno.
Non andare a votare, scegliere di astenersi dalla politica è sbagliatissimo. Questa non è un orpello aggiuntivo alla nostra esistenza o un passatempo per entusiasti, ma il pilastro fondante e imprescindibile della società che è basata sul vivere insieme ad altri e, di conseguenza, inevitabilmente normata da leggi a cui tutti devono attenersi. Come si può non interessarsi alla realtà che più di tutte condiziona e determina la nostra vita e la libertà e regola i nostri rapporti con le altre persone? Essa non solo è un nostro diritto, ma anche un nostro dovere, come singoli e come cittadini.
Non meno dannoso è l’astenersi per manifestare la propria posizione politica. Ad una votazione non si è obbligati a votare sì; è scontato, ma la propria opposizione si può esprime anche attraverso il voto. Ovviamente dietro agli inviti del governo a non partecipare c’è una precisa e chiara strategia per invalidare il referendum. Ma dichiarare un diritto il non votare comporta delle conseguenze gravissime. Infatti, diminuisce ulteriormente l’affluenza alle urne in quanto, l’impressione che traspare, è che andare a votare sia qualcosa di inutile: non serve partecipare, non è un problema nostro, lasciamo che siano altri a occuparsi di politica.
Concludo con un’ultima osservazione: coloro che scelgono di non interessarsi al proprio futuro poi sono capaci di subire passivamente ciò che altri hanno deciso anche per loro? Oppure si lamentano e paventano complotti globali, perché scontenti di un mondo sbagliato e pieno di ingiustizie, di una società corrotta in caduta libera verso la rovina, una classe politica oppressiva e arroccata nelle posizioni di comando, …